Le analisi degli addetti ai lavori hanno individuato le cause responsabili del tracollo della Nazionale azzurra di Lippi in Sudafrica, punta dell’iceberg di una crisi del sistema calcio italiano ormai strutturale.
La deriva tecnico-organizzativa è espressa a livello internazionale dall’arretramento dei club nel Ranking Uefa e a livello nazionale dalla crisi economica che sta stritolando le società di serie B e di Lega Pro (Prima e Seconda Divisione), ma che finirà per coinvolgere presto o tardi anche una serie A pietrificata e avvitata su se stessa.
L’elenco delle ragioni che hanno portato il pianeta calcio dell’ex Belpaese allo sprofondo rosso sono fin troppo note. Ne elenchiamo solo alcune: troppi stranieri e troppo pochi vivai; tecnici che non lanciano i giovani in prima squadra, intrappolati nella perversa logica del risultato a tutti i costi; dirigenze di club spesso inadeguate; ipertrofia delle categorie professionistiche (132 club divisi in quattro serie nazionali); spese ampiamente superiori alle entrate; violazione programmata del fair play finanziario; deferimenti a raffica espressivi di un doping amministrativo intollerabile, che penalizza le società con i conti a posto; crisi economica galoppante, che sottrae risorse a prodotti considerati (erroneamente) ludici; disinteresse delle istituzioni centrali, in ben altre (penose) faccende affaccendate.
Analizzando questi punti uno per uno, emerge con chiarezza che la disfatta del calcio italiano è ascrivibile a quanti ne occupano i vertici da troppo lustri e non hanno saputo intuire per tempo il pantano in cui il sistema era andato a cacciarsi. Gente che non sembra, dunque, all’altezza di studiarne i correttivi ora che ci si trova in piena emergenza.
Quanti hanno organizzato la vergognosa spedizione al Mondiale 2010 e vi hanno personalmente partecipato (i vertici della Figc erano presenti in forze in Sudafrica), sono gli stessi responsabili dello sfascio sistemico che abbiamo appena delineato. Queste persone non possono risolvere tutto con una generica assunzione di responsabilità nè rifiutarsi di condividere fino in fondo lo sprofondo rosso con cui si è conclusa la vergognosa esperienza che i tifosi azzurri e tutti i cittadini italiani hanno vissuto.
Il dopo Slovacchia segna il momento più basso toccato dal calcio italiano. Il sistema arretra di molte posizioni rispetto al dopo Corea, di cui ancora oggi pesa amaramente il ricordo.
Davanti a queste considerazioni non solo è opportuno dare una scossa a livello tecnico affidandola a Cesare Prandelli (allenatore di rango e persona per bene, che saprà svolgere questo compito meglio di chiunque altro), ma si devono anche azzerare totalmente i vertici della Figc.
Solo cancellando tutto e sfilando le poltrone da sotto il sedere di chi le occupa ormai da tempo immemorabile, si potrebbe (potrà) dare alla gente il senso di una svolta che in nessun altro modo diverso da questo sarebbe apprezzata.
C’ è uno grande ostacolo che si frappone a questo progetto e lo rende mestamente utopistico, in un paese per vecchi qual è diventato l’Italia.
Chi si dovrebbe assumere l’onere di prendere questo tipo di decisioni in un contesto ormai indifferente al peggio del peggio? Chi dovrebbe fare che cosa? Queste sono le domande che tutti ci dovremmo porre.
Sergio Mutolo – www.calciopress.net
©Riproduzione riservata