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In 8 anni il format della Lega Pro è crollato da 90 a 48
– A proposito del format a 60. Gabriele Gravina, presidente della Lega Pro, ha rilasciato un’ intervista a SportFace.it nella quale ha detto tra le altre cose: “Non so se arriveremo al format con 60 squadre, ma io sono convinto di sì. Poi ci interrogheremo sulla sua validità o per lo meno sulla sostenibilità. Sembra che l’idea del format a 60 squadre sia una mia battaglia personale, invece è sancita nelle regole e nelle norme federali. Con la mia presidenza ho voluto che quella norma sia rispettata”.
– A proposito della sostenibilità di un format. Opinione del tutto rispettabile quella del presidente Gravina, ma secondo noi non condivisibile. Il fatto è che l’insostenibilità del format di terza serie nazionale, al di sopra di certi numeri che vanno drasticamente rivisti al ribasso rispetto a quello di 60 non più corrispondente allo stato economico del sistema calcio italiano, è stata più volte sottolineata dal presidente della Figc Carlo Tavecchio. A prescindere dalle dichiarazioni del numero uno della Federcalcio, si tratta di un dato di fatto palese e avvalorato da un rapido excursus storico. In otto anni, dal 2008 al 2016, l’organico della terza serie nazionale si è ridotto da 90 a 52. Ma (forse) non basta.
– Il format a 90 (2008-09). La terza serie nazionale aveva 90 club iscritti quando il presidente Mario Macalli, al termine dell’assemblea del 19 giugno 2008, cancellò la serie C per sostituirla con la Prima e Seconda Divisione di Lega Pro. Un esperimento non riuscito bene. Del “cambiamento epocale” organizzato “sul modello delle leghe inglesi”, di cui Macalli parlò allora con buona dose di enfasi, non è rimasta la benchè minima traccia.
– Il format a 60 (2014-15). Al punto che lo stesso Macalli, di fronte a una serie di fallimenti a catena che penalizzarono fortemente la regolarità dei campionati di sua competenza, fu costretto – a partire dalla stagione 2014-15 – al varo della Prima Divisione Unica di Lega Pro con la riduzione a 60 del numero di club iscritti.
– Il format a 54 (2015-16). Al termine del campionato 2015-16 il format si ridusse ancora e scese da 60 a 54. A nulla valse il miraggio dei ripescaggi, stroncati dalla Figc di Carlo Tavecchio con la richiesta di pagare un fondo perduto da 500mila euro che tagliò le gambe a tutte le società arruolabili. Solo due retrocesse dalla Lega Pro aderirono alla procedura e chiesero la riammissione (AlbinoLeffe e Pordenone). Nessun club di Serie D riuscì ad approfittare della ghiotta occasione di risalire tra i professionisti. Il campionato 2015-16 partì così con tre gironi formati da 18 squadre ciascuno. Al termine della stagione agonistica si contarono, per plurimi illeciti amministrativi, punti di penalizzazione in quantità tale da perderne quasi il conto.
– Il format a 48 (2016-17). Quest’anno le cose stanno peggiorando ancora, né potrebbe essere diversamente stante la crisi economica strisciante e il disincanto dei tifosi che disertano gli stadi della terza serie nazionale. Da 54 si è già scesi a 48. Molti club hanno presentato domande zoppe che, attraverso mille capriole, hanno cercato disperatamente di sanare all’ultimo tuffo. Si prospettano, in ogni caso, punti di penalizzazione come se piovesse. Con buona pace della regolarità di un campionato che ancora deve cominciare. Nonostante tutto, si continua a puntare sul format a 60.
– Allora che fare? La disperante attesa di un modello italiano, che sappia conformarsi al meglio dei modelli già esistenti o inventarsene uno tutto suo, continua a lievitare. Esattamente come il disincanto dei tifosi e di quanti tra gli addetti ai lavori ancora continuano a credere nel ruolo fondante di questa categoria. Chi può e deve decidere, per il suo ruolo istituzionale, provveda. Presto, che è tardi!
Sergio Mutolo – www.calciopress.net