La Prima Divisione Unica di Lega Pro (la vecchia serie C) guidata dal presidente Gabriele Gravina è una categoria misconosciuta a livello mediatico, anche se attrae coagula la passione di circa cinque milioni di potenziali tifosi.
Afflitta da mille problemi, tenuti insieme dal fil rouge della carenza di introiti certi e commisurati ai bisogni, la terza serie nazionale è in balia del buon cuore (della cialtroneria, a seconda dei casi) del mecenate di turno.
Per questa ragione, nel corso degli ultimi lustri, i tifosi hanno visto ammainare tante bandiere e cancellare i colori di altrettante società.
Il torneo di terza serie, unico tra quelli professionistici italiani, aveva tuttavia un intrinseco punto di forza. Il fatto di giocare la domenica, salvo i posticipi televisivi numericamente esigui, restava una carta potenzialmente vincente da giocarsi nell’opaco panorama del pianeta calcio italiano.
Un esempio da imitare, cancellato in nome di un improbabile e incredibile spezzatino (Lega Pro, spezzatino e la lezione inglese).
Nella categoria dei “cento campanili” sarebbe l’ora di finirla con un inutile spezzatino che scimmiotta la serie A. Perché non recuperare, in terza serie nazionale, il vecchio e (mai troppo) rimpianto calcio che si giocava la domenica?
In Lega Pro si deve tornare a giocare la domenica, senza se e senza ma. Solo così potrà realizzarsi il riposizionamento dei tifosi al centro del sistema e il conseguente radicamento sul territorio che è il solo futuro per una terza serie nazionale sostenibile.
“Una volta alla settimana il tifoso fugge dalla sua casa e va allo stadio. Quando la partita si conclude il sole se ne va e se ne va anche il tifoso. Scende l’ombra sullo stadio che si svuota. Il tifoso si allontana, si sparpaglia, si perde, e la domenica è malinconica come un mercoledì delle ceneri dopo la morte del carnevale”.
Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio
Sergio Mutolo – www.calciopress.net