Sulla Prima Divisione Unica di Lega Pro, la prossima Serie C secondo gli intenti del presidente Gravina, incombe la data di scadenza per l’iscrizione al campionato 2017-18. Molti nodi stanno per venire al pettine (“Lega Pro 2017-18, iscrizioni il solito rebus?“).
Le società aventi diritto che non avranno depositato la domanda entro il 30 giugno, saranno infatti escluse in modo automatico (QUI la lista dei 59 club ammissibili e QUI la suddivisione per regioni).
Quante non avranno rispettato le infinite scadenze perentorie previste per il rilascio della Licenza Nazionale, la più importante delle quali è fissata per il 26 giugno (QUI), potranno integrare le carenze secondo la trita cronologia prevista dai ricorsi. Partiranno comunque con punti di penalizzazione che incideranno sulla regolarità del campionato.
I giochi saranno definitivamente chiusi quando il Consiglio federale presieduto da Tavecchio ufficializzerà il format? Probabilmente no. Per arrivare comunque a 60 iscritti le bocciature annunciate daranno il via all’abnorme procedura dei ripescaggi, che andranno avanti tra ricorsi e controricorsi chissà fino a quando.
Il torneo di terza divisione nazionale conferma i suoi connotati di precarietà, come accade ormai da un numero incalcolabile di anni. Niente di meno utile per tracciare la strada di riforme ormai ineludibili per il disastrato sistema calcio italiano.
Per proiettarsi in un futuro compatibile e sostenibile, sarebbe vitale che il campionato di terza serie nazionale assumesse profili di stabilità fin dalle procedure di iscrizione, come avviene nel resto d’Europa.
Al via, dopo un iter ben più snello di quello applicato da lustri per tenere in piedi la baracca, dovrebbero esserci solo società con profili economici in grado di reggere il duro impatto con un calcio di tipo professionistico.
Se ciò non accadesse saremo costretti a parlare, come avviene ormai da troppi anni, di mancata applicazione delle severissime regole scritte. Per rinascere occorre solo una quantità industriale di rigore. Più fatti e meno parole. O no?
Sergio Mutolo – www.calciopress.net