La situazione kafkiana che sta vivendo il calcio italiano non scivolerà via senza lasciare scorie forse impossibili da eliminare.
Il fatto è che il mondo pallonaro italiano ha toccato molte volte il fondo, nel corso della sua lunga e travagliata storia. Ma, pressocchè sempre, ciò è accaduto per elementi degenerativi intrinseci al sistema (il calcioscommesse docet).
In questo caldo settembre del 2018 tutto sta tracimando per altre cause. La B e la C sono finite nel tritacarne giudiziario. Nelle aule dei Tribunali, sportivi e non, si sta consumando l’eutanasia di un sistema che era già alla canna del gas.
Se la B ha deciso di partire comunque, la terza serie si è impantanata e avvitata su se stessa. Gabriele Gravina, in odore di presidenza Figc, ha scelto la strada del temporeggiamento. Avrà fatto bene? Ai posteri l’ardua sentenza.
Il risultato è un campionato a ranghi ridotti e iniziato in ritardo, che continua a perdere pezzi (leggi alla voce Entella). Sette club vivono dentro a un limbo. Cinque per la squallida vicenda ripescaggi. Uno, la Viterbese, per l’arrabbiatura di un patron che non accetta più le presunte vessazioni della Lega Pro. L’ultimo, il club ligure, perchè dovrebbe giocare in B ma ha già debuttato in C.
In tutto questo marasma i tifosi sono lasciati andare alla deriva, presi in mezzo a beghe leguleie nelle quali gli avvocati sguazzano e incassano pingui parcelle (il cui saldo va a scapito del budget disponibile per la squadra). Nel frattempo molti stadi restano chiusi e, in quelli aperti, si gioca spesso per pochi intimi se non a porte chiuse (vedi il caso Rieti).
Quando prende lo sconforto, il passo è breve dal disincanto all’indifferenza. Il peggiore di tutti i mali, come da gramsciana memoria. Se i tifosi diventano indifferenti, chi continuerà a scrivere e raccontare la “grande storia del club”?