La svolta professionistica del calcio femminile è, ormai, un dato acquisito. Ma le notizie sono sempre ridotte ai minimi termini, sia a livello federale sia sui mezzi di comunicazione di massa più influenti.
Eppure stiamo parlando di campionati (Serie A e Serie B) che rappresentano piazze importanti. Tuttavia la sostanziale indifferenza dei media nazionali confina i canali informativi in (rari) siti online dedicati. Troppo poco, davvero, in termini prospettici
Accade così che il movimento non riesca ancora a decollare. Né, tanto meno, a ritagliarsi un suo spazio nell’immaginario collettivo. Rimane un prodotto di nicchia. Per la massima serie nazionale femminile, il rischio incombente è continuare a essere un mero sottoprodotto del corrispettivo maschile.
Servirà molta inventiva, condita da quel filo di follia che occorre sempre mettere in campo quando si punta a obiettivi complicati, per trainare la Serie A Femminile verso uno status di tipo professionistico che non si riduca a semplice facciata.
Gli addetti ai lavori dovrebbero avviare in tempo utile, anzi da subito, progetti e iniziative – anche in ambito comunicativo – conformi alla svolta epocale in atto. Sarebbe doveroso porsi interrogativi coerenti, per dare soluzione alle molteplici criticità da affrontare e risolvere.
Perché il modo più semplice, efficace e (quasi) infallibile per trovare buone risposte è proprio quello di porsi buone domande. O no?