Il professionismo bussa ormai alle porte della Serie A Femminile. Mancano però le linee guida. Fondamentali per traghettare in questa direzione un movimento da lustri radicato nel dilettantismo, fatta salva la (recente) proliferazione di una serie di (variegati) cloni delle società maschili.
A questo proposito è opportuno richiamare alla memoria, mentre quasi tutti i club della massima serie si stanno radunando per iniziare la stagione agonistica 2021-22, le dichiarazioni rilasciate al sito L Football da Rebecca Corsi (presidentessa dell’Empoli) >>> “In Serie A Femminile il professionismo è sostenibile?”.
Un’intervista che, oggi più che mai, contiene questioni mai approfondite. Avrebbe dovuto aprire un dibattito serrato sia nelle sedi istituzionali (Divisione Calcio Femminile) sia tra gli addetti ai lavori. Il dibattito non è mai partito, purtroppo. Tutto si è disperso nell’indifferenza generale.
Nell’imminenza di transizioni epocali occorre invece puntare il dito sulle molte criticità di una categoria che sembra pronta fino a un certo punto ad attraversare il guado. Serve porsi domande e darsi risposte. C’è bisogno di proposte e progetti coerenti, in grado di offrire la necessaria sostenibilità economica al movimento. In particolare nella fase di grave crisi finanziaria determinata dalla pandemia.
In questo senso l’abbandono repentino della Florentia, il cui presidente è stato costretto dalle contingenze a cedere il titolo sportivo alla Sampdoria, non è stato interpretato per quello che era. Ovvero un gravissimo campanello d’allarme. Al contrario. La vicenda è scivolata via nel silenzio assordante di tutto il contesto. La “grande storia” di questo club non avrebbe meritato questo tipo di atteggiamento. Perchè è così. A San Gimignano si stava continuando a scrivere una “grande storia” di calcio femminile prima dell’inopinata polverizzazione del gruppo, forte e coeso, che ne era artefice. Questo è un dato di fatto.
I contributi degli addetti ai lavori sarebbero quanto mai utili e necessari. Secondo Calciopress le criticità da affrontare sono numerose. Se lasciate irrisolte rischiano di minare alla base il progetto. Prima ancora che parta. Vediamone alcune.
- La strada verso il professionismo è un processo fisiologico e naturale, tuttavia al momento manca una progettualità che riesca a sostenerne le ragioni. Il rischio incombente è correre verso una meta senza sapere poi dove andare veramente.
- Manca del tutto, al sistema calcio femminile, un sostegno economico strutturale. Le risorse che attualmente provengono dai diritti televisivi e commerciali sono insufficienti a coprire anche soltanto il 5% del costo medio per gestire una stagione di Serie A.
- Occorrerebbe mettere a confronto tutte le componenti del sistema calcio femminile, che non sono per niente omogenee, cercando di analizzare i numerosi punti deboli di questo percorso. L’anima dilettantistica, viceversa, sta per essere fagocitata. Florentia docet…ma siamo solo all’inizio.
- L’ostacolo principale per attivare gli strumenti di sistema necessari per sostenere il passaggio a un professionismo stabile e sostenibile della Serie A Femminile è la mancata introduzione della ripartizione dei ricavi derivanti dalla vendita collettiva dei diritti audiovisivi.