Il calcio è uno sport bellissimo, ma non riempie più gli stadi: fenomenologia del tifoso

“Non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo
è più felice che dentro uno stadio di calcio”
Albert Camus

C’era una volta il tifoso vero, razza ormai in via di estinzione. Quello che dava un’occhiata al tempo e al portafoglio, il giorno prima o la mattina stessa in cui scendeva in campo la sua squadra del cuore. Tra sé e sé rimuginava sull’opportunità (o meno) di andare a vedere la partita. Come sempre, alla fine, il cuore prevaleva sulla ragione. Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. E così si avviava verso lo stadio. E la sensazione che provava era di andare a fare qualcosa di buono e di utile, senza chiedere altro in cambio se non una briciola di felicità. Saliva in macchina o in treno (quando si giocava in trasferta) e si tuffava nell’avventura con lo spirito di un bambino. Magari si portava dietro anche la prole per abituarla, fin dalla tenera età, che le maglie si amano al di sopra di ogni altra cosa. Perché le maglie non andrebbero (non vanno) mai lasciate sole. Accada quel che accada.

Poi ha iniziato a diffondersi il tifoso per caso. Impigrito dalle sirene dell’era moderna e incantato dalle pay per view che gli consentono di seguire la partita in pantofole nel confortevole tepore del salotto di casa, ha rarefatto la sua partecipazione. Prima ha iniziato a saltare le trasferte e, poi, anche le partite in casa. Infine ha deciso di restringere la sua partecipazione a pochi eventi topici (playoff, playout, festeggiamenti per la promozione o la salvezza). Colpa anche del presenzialismo ossessivo, che pervade tanta gente e poco ha a che a vedere con la passione genuina.

I nostri tempi opachi sono l’era del tifoso inutile. L’avvento dei troppi organismi deputati al controllo dell’ordine pubblico  e il dilagare delle pay per view hanno dato il colpo di grazia alla già labile voglia di calcio che c’era in giro. Giorni e orari assurdi, impianti inadeguati, ricettività ridotta ai minimi termini, partite giocate a porte chiuse. Salvo qualche rara e meritoria eccezione, particolarmente nella serie A femminile, si gioca (in media) davanti a pochi intimi.

👉🏿 Il tifoso non serve più da traino al calcio, quanto meno non a questo orribile calcio moderno che ne sta inaridendo le radici. Il tifoso è stato ridotto a un accessorio inutile, se non perfino ingombrante. Meglio, allora, tenerlo lontano. Meglio affidarsi a un bello spettacolo virtuale, che si gioca in grigi e artificiali scenari di cartapesta.

Nella foto: tifosi della (scomparsa) Florentia San Gimignano appollaiati all’esterno del ‘Santa Lucia’ quando gli stadi erano chiusi al pubblico per il Covid.

“Giocare senza tifosi è come ballare senza musica”
Eduardo Galeano

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