Il (mezzo) miracolo del Como Women ha nomi e cognomi: nel calcio femminile il coraggio è un plusvalore

“Tutto ciò che puoi immaginare è reale” (Pablo Picasso)

Alzi la mano chi lo credeva davvero possibile. In molti lo davano per spacciato ancora prima di cominciare. A maggior ragione dopo la sconfitta tennistica subita per mano della Juventus nella prima partita di campionato.

E invece il Como Women, neopromosso in serie A dopo l’affascinante testa a testa con il Brescia nel campionato di B, ha stupito tutti e ha raggiunto in anticipo la salvezza.

Gli artefici di questo mezzo miracolo? Il presidente Stefano Verga, il direttore generale Saimir Miro Keci, il tecnico Sebastian de la Fuente, l’intero staff e un gruppo di giocatrici coeso ogni oltre aspettativa 👉🏾 la ROSA nel dettaglio.

La società lariana ha puntato su un mix di giocatrici esperte (ma affamate) e di giovani leve del calcio femminile. Ha capito che la meglio gioventù sa iniettare entusiasmo nello spogliatoio e nell’ambiente, quando è sostenuta dalla società senza se e senza ma. Può fare la differenza in campo, anche contro formazioni infarcite di nomi altisonanti ma ininfluenti quando sono messi alla prova.

Chiara Beccari, attaccante nata il 23/9/2004 di proprietà della Juventus, si è battuta come una veterana. Idem dicasi per Matilde Pavan, centrocampista in prestito dall’Inter e nata il 12/6/2004. Il loro dinamismo, coniugato a grande senso tattico e classe pura, le hanno rese una coppia affiatatissima che si è (meritatamente) conquistata anche i galloni della Nazionale di Milena Bertolini.

👉🏾 Sarebbe cosa buona e giusta se queste due giocatrici, che in campo si trovano a occhi chiusi, venissero messe in condizione di giocare in uno stesso club anche il prossimo anno. In chiave azzurra, cementare questa intesa potrebbe essere foriero di sviluppi molto interessanti in prospettiva.

Da non dimenticare anche la crescita di Beatrice Beretta, portiere di proprietà della Juventus e nata il 01/01/2003, che conta meno presenze da titolare delle due compagne ma che si è distinta ogni volta che è stata chiamata a scendere in campo. Sa giocare molto bene con i piedi e fa ripartire la squadra da dietro con grande senso del movimento.

Il Como di Sebastian de la Fuente prova che, nella Serie A femminile, l’incrocio tra esperienza e meglio gioventù è una missione possibile se viene ben gestita.

Il coraggio del club lariano si è tradotto in risultati di sostanza sul campo. Certe scelte lungimiranti pagano. Altro che vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. Una linea di condotta che altri club potrebbero (dovrebbero) seguire, se davvero l’obiettivo comune è quello di contribuire in modo costruttivo alla crescita del movimento.

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