Nazionale femminile e Sampdoria Women, paradigmi di un calcio confinato ai margìni del sistema: la crescita un’Araba Fenice?

La Nazionale Femminile, dopo le dimissioni della ct Milena Bertolini, è rimasta senza guida. Parole tante (ma nemmeno poi troppe), fatti pochi (anzi nessuno). Regnano il silenzio e l’immobilismo italici, vizi con i quali il mondo pallonaro tricolore convive ormai da tempo immemore e che ne hanno determinato la deriva che lo affligge da lustri, per la conclamata inabilità dei vertici federali ad affrontare e risolvere qualsivoglia criticità a prescindere dall’entità del problema. Eppure, fra meno di un mese, si gioca la Nations League. Una competizione internazionale fondamentale per ricostruire il gruppo azzurro. Ma niente conta per scuotere le coscienze e suscitare un rigurgito di passione e di attivismo in stanze dei bottoni sempre più autoreferenziali e astruse dalla realtà.

La Sampdoria Women è il paradigma del fallimento concettuale dell’idea di Gabriele Gravina di mettere in piedi una Serie A elitaria, inizialmente formata da appena dieci club e successivamente alimentata da cloni del club maschili. Un fallimento su tutto il fronte. Le società professionistiche maschili si dimostrano, con i fatti, sempre più disinteressate a costruire una divisione femminile. La prova provata è che, quest’anno, la massima serie nazionale ha ben tre club su dieci di estrazione dilettantistica (Como Women, Pomigliano Femminile, Napoli Femminile) e che non è affatto chiaro come la Sampdoria possa affrontare la Serie A con nove giocatrici in organico (alcune ancora infortunate) che non si sono mai allenate insieme a tutt’oggi 27 agosto 2023. Il rischio di una massima serie ridotta a nove squadre, a partire da un certo punto del torneo, si profila pericolosamente.

Misteri gloriosi (ma non troppo) di una serie A femminile che cerca una sua dimensione senza poter contare su sostegni organizzativi, economici ma anche morali, nonostante si sia anche dotata di una Divisione Professionistica affidata a Federica Cappelletti.

Con queste premesse e in questo contesto, la crescita del calcio femminile resterà (per sempre?) un’Araba Fenice.

➡️ Sergio Mutolo

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