La (mia) prima partita di calcio, quella che sembra non finire mai: tu chiamale, se vuoi, emozioni

“È uno di quei giorni che
ti prende la malinconia
che fino a sera non ti lascia più.
E non c’è niente di più triste
in giornate come queste
che ricordare la felicità.
Domani è un altro giorno, si vedrà”

Non avevo ancora sei anni quando mio padre mi portò a vedere la prima partita di calcio il 16 ottobre di una vita fa. La Viterbese affrontava il Civitavecchia allo stadio della Palazzina. Finì 3-2, grazie alla tripletta di Cipriani.

Ho perso il conto dei giocatori, degli allenatori e dei presidenti che si sono alternati nel corso del tempo in una girandola incredibile di campionati. Oggi tutto è cambiato. Il modo di interagire con calcio e quello di fare il tifo. La passione però è rimasta incontaminata, intatta. È la stessa, ma proprio la stessa, di quella lontanissima domenica di ottobre.

Per questa ragione mi emoziono ogni volta che mi imbatto in ‘quelle maglie gialloblù’ e le vedo sbucare dal tunnel degli spogliatoi, dirigersi verso il centro del campo e schierarsi per salutare il pubblico. Esattamente come avvenne quel giorno, il giorno del mio battesimo di fuoco con una partita di pallone all’interno di un vero stadio.

Mi torna alla mente mio padre, la sua mano forte che stringe teneramente la mia. Vedo la folla di tifosi che mi sovrasta e che stipa rumorosa le tribune. Sento il viso schiaffeggiato dalla tramontana gelida e dispettosa che solleva folate di polvere dal campo ancora in terra battuta.

Non c’è più Cipriani, certo, centravanti imprevedibile capace di lasciare sul posto il suo avversario con palleggi funambolici e di piazzare tre palloni in una volta sola alle spalle del portiere avversario. C’è un altro che indossa la sua maglia. Ma anche lui riesce, quando gli gira bene, a saltare i difensori come birilli e buttarla dentro da tutte le posizioni. O, almeno, ci prova.

E allora? Che differenza potrà mai esserci fra lui e il Cipriani che, una vita fa, realizzò una favolosa tripletta davanti agli occhi spalancati di quel bambino di sei anni che il calcio ha trasformato in un Peter Pan?

Nella foto: la Viterbese della stagione 1965-66 (allenatore Bela Kovaks)

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