Nazionale Femminile allo sbando, Superlega Serie A regno della noia, caso Sampdoria Women: dov’è finito il ‘capitale umano’ che ha fatto crescere il movimento?

Le vicende delle ultime settimane tolgono letteralmente il respiro a chi ancora confida nella crescita del calcio femminile.

Più passano i giorni e più diventa assordante il silenzio di chi dovrebbe dare risposte – per vari livelli di responsabilità istituzionale – alle ormai troppe criticità che stanno venendo a galla (e quasi implodendo?) e non trincerarsi dietro muri sempre più invalicabili.

Che fine ha fatto il capitale umano? Quel valore immateriale non misurabile con metodi scientifici ma che di sicuro ha a che vedere con la qualità delle prestazioni? Quell’insieme rappresentato dall’ala dilettantistica del movimento femminile ormai (quasi) soffocata dal professionismo (d’accatto?) inventato a tavolino e dal quale tutto è partito?

Questo capitale umano si era costruito nel tempo grazie a un mix fatto di passione, capacità, competenze, conoscenze, abilità professionali e relazionali. Un patrimonio cruciale, sostenuto anche dagli stretti legami intessuti con il territorio.

Di capitale umano all’altezza, in questa fase buia del calcio femminile, non si intravede secondo noi la benchè minima traccia.

Eppure è un plusvalore dovrebbe essere fatto proprio dall’ala professionistica, al fine di assicurare stabilità e sostenibilità al (difficile) attraversamento del guado che già al secondo anno si sta dimostrando più che problematico per la Serie A Femminile.

Occorre che la Figc e la Divisione Professionistica, in persona dei rispettivi responsabili, battano un colpo e si mettano alla ricerca di un capitale umano all’altezza. Ma il tempo ormai è tiranno. Presto, che è già troppo tardi!

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